Serenate e poesie

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La seguente serenata é stata cantata da generazioni di innamorati alle loro belle.

Capelli ricciolina anargentati
cost'uocchi m' hai tirato in calamita
quando camini me pari na fata
con il tuo ben parlare me rai la vita
non te cangerei pe n'auta bella 
a costo ca 'naggia perde la mia vita.
tanno lo core mio rorme coieto
quanno rormo con te parma fiorita
(autore sconosciuto)

CANTAVANO GLI UCCELLI LE FAVOLE

Conoscevo solo le albe chiare
dei tuoi monti, Campora,
candide come occhi di fanciulle
ed a noi eran lieti i giorni
indomiti puledri
anelanti al verde dei mattini

Cantavano gli uccelli le favole
perché favole azzurre
e oceani, negli occhi oceani
di soli ininterrotti
e quando il tuo tramonto moriva
era il rosso del cocomero
che avido addenta il fanciullo

Aveva la tua serenata
il profumo di ginestre
fiorite all´alba, il ritmo
di allegre tarantelle
ballate tra bionde pannocchie
dalle contadine nei solai.


Nel focolare ormai spento il ceppo
ha dimenticato la leggenda
che raccontava la fiamma
alla mia fanciullezza


Ma certamente un giorno
dalle nebbie del Nord
alle tue aspre rocce
faró ritorno:

Sará come riandare
verso ritrovati villaggi
d´infanzia, respirare
ancora la placida calma
delle tue distese notti estive,
lo stesso sottile silenzio
che nell´adolescenza prima
stremato mi lasciava
in un´immatura felicitá
confusamente infelice
(Marcello Feola)

Campora

Villaggio a forma di presepe adagiato su solida roccia
e contornato di oliveti, siede taciturno in un'atmosfera di serenitá e di pace
ignaro dei movimenti vertiginosi nei quali il mondo si dibatte oggi affannosamente senza tregua.
Tu resti indifferente ancorato alle fiabe del passato
narrate al plenilunio dalle vecchie nonne
in uno scenario sotto il cielo trapunto di stelle.
Dopo aver toccato tante mete ripenso con nostalgia ai tuoi silenzi
profondi e vorrei tanto rituffarmi nella tua pace
come a primavera, respirare con te e scordare il mondo.
( Gimino Veltri )

http://digilander.iol.i t/sirioart/Veltri/Veltri.htm

 

Angelo, Angelo padre amato

Il mio sguardo perso nell´azzurro dei tuoi occhi stanchi
che imploranti mi chiedono un aiuto che ormai non posso darti.
Tu hai paura e non posso biasimarti,
ti sforzi a proferir parola
e nessun lamento sfugge alla tua bocca smunta
che sformata dall´agonia esala gli ultimi respiri;
ma non ti preoccupare,
la sinergia del nostro amore mette i nostri corpi in sintonia,
giá vedo la morte che ti avvolge,
vedo in te il bimbo che sei stato
e cerco invano una ragione a tanta pena.
Tu hai paura ed é una paura che ti tiene in vita.
Lasciati andare, non ti preoccupare
sei fra le mie braccia,
sciogli il tuo essere nell´amore delle mie carezze…
Ora chiudo gli occhi anch´io
e vedo la relativitá del tempo racchiusa in un momento,
rivivo la tua vita che passa in te furtiva:
la luna di miele consumata nell´amplesso di un Paese in fiamme,
l´orgoglio che ti dette quella forza da leone
da farti preferire la guerra al sacerdozio,
tu uomo d´azione e non di contemplazione,
ma il coraggio scema coi colpi di fucile, la prigionia e la malattia
e ti abbandona definitivamente in un treno di non ritorno al fronte
per dar infine spazio alla codardia,
che non salva l´onore ma la vita.
La sinceritá ti fece perdere il lavoro
in un Paese afflitto dalla corruzione.
La mia nascita ti riempí di gioia, ma io poi lasciai il nido
e tu senza farmelo veder soffrivi.
Ora sei qui nelle mie braccia per dirmi addio.
Tu, che scrivevi i versi piú belli
senza la presunzione di esser poeta.
Ma non dirmi addio,
perché il meglio di te è giá mio.
Orsú tu dunque dimmi chi di noi due quí è il poeta?
Io no di certo!

Ida M. Letizia Veltri


Angel Galzerano é nato a Montevideo in Uruguay da genitori camporesi, vive in Italia da 25 anni ed é un rinomato compositore e chitarrista. Visitate il suo sito: www.angelgalzerano.com.
Ecco il suo poema su Campora:

CAMPORA

Sono giunto a destinazione 
ed è la piazza dei miei ricordi che  ritrovo. 
Nel silenzio delle ore notturne, 
dopo aver scandagliato paesaggi tanto vari da  convincermi 
che lo sguardo non potrebbe accoglierne di nuovi;
è l'azzurro fluttuante di tante lenzuola
appese ad asciugare nella piazza ad accogliermi.

Celesti, sullo sfondo  dell'oscurità
attorno, mi parlano di bucato, di rammendi,
della fresca semplicità di  cose di ognigiorno.
Così arrivo a Campora,
porta da aprire sul mio passato.

E -  fuori di metafora -
le porte nel mio paese sono né più né meno protagoniste.
Colorate, ognuna diversa, ognuna orgogliosa della sua storia,
le porte  a Campora sono le custodie della casa
e della vita che vi si svolge.
In ognuna di loro  ha bussato la vita
e il tempo lasciandoci sopra i suoi segni.

Il mondo con il suo logorio  quotidiano ed il
suo chiasso è rimasto fuori, lontano.
Rivedo le lucciole illuminare il sentiero che si perde nella campagna
e ritorno con la mente al mio altro "paese"
il  quartiere di Montevideo,
quando eravamo bambini e le prendevamo chiudendole in una 
bottiglia per illuminare la notte.

Ma Campora ha un sapore antico;
sa di vecchie storie tramandate vicino  a un fuoco
o nel duro lavoro della terra, di  briganti
e delle assenze di chi è partito 
portandosi addosso la ferita dell'essere emigrante.

E la speranza di tornare
per poter  essere accolto dalle ginestre,
dai balconi fioriti, dal campanile
che scandisce il tempo e  rompe il silenzio ogni quindici minuti,
dai vicoli che hanno inseguito tutti i passi, da  chi è rimasto,
pensando- a torto o a ragione- che forse era la cosa migliore.


NATALE

'Na vranga re criature

e guagliunceddi

ccò accette, serre,

zappe e volontà

ienghenno r'allucchi

cielo e vaddi

li cioppari curriano a trovà.

Surati, stanchi, strutti

e arropezzati

spendevano traini scasciolati:

ppè misi era la stessa tarantella

e tra li sciarri

e le risate chiatte

se stia in compagnia sera e matina.

Mò, ccò mezzi assai e

sordi inda la sacca

a l'aria no nze vruscia mango n'asca.

Na vota se facia no focarone

e mo penzano sulo a lo cenone,

e si a la chiazza no ngè cchiù fometa

a la chiesa no nge mango la cometa.

 

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