Il culto di San Vito a Campora

Stampa  Scritto da Administrator    Sabato 14 Giugno 2008 00:00

La capillare diffusione del culto del martire Vito, in quasi tutta la penisola italiana, dimostra la straordinaria importanza che questo Santo ebbe fin dalle epoche piú antiche.

Al tempo della dominazione longobarda, il culto del martire lucano conobbe il suo apogeo nell´area italiana. Tra l'VIII ed il X secolo, si moltiplicano le chiese e le cappelle a Lui intitolate in tutta la penisola, mentre con il trasferimento delle reliquie in Francia se ne avvia la diffusione in aerea franco-sassone e

successivamente in aerea slava e boema. Come si é detto uno degli elementi piú caratteristici e piú noti della tradizione dell´iconografia italiana di San Vito é il legame del Santo con i cani, di cui é patrono e dal cui morso protegge i suoi fedeli.

 

Secondo alcuni studiosi, la spiegazione che generalmente viece data del cane di San Vito come simbolo della protezione del morso rabbioso é una spiegazione riduttiva, che non coglie la reale e complessa relazione simbolica tra il cane e la figura del martire. Del resto, anche nel mondo antico, i morsi da cani rabbiosi erano un evento raro, e per tanto non giustifica l´origine e la grande diffusione del culto di San Vito.

Il cane di San Vito ha un valore simbolico diverso, la sui origine deriva da elementi tipici della cultura mediterranea risalenti ad epoche antecendenti la diffusione del cristianesimo. Se si considera che la data della festa del martire (dies natalis) ossia il giorno della sua nascita al paradiso, il 15 giugno cade in un tempo astronomico legato all´arrivo dell´estate, stagione che presso tutte le culture del Mediterraneo, recava con sé i rischi maggiori per l´agricoltura e per la pastorizia.

Appare evidente che l'arrivo della stagione torrida atterrriva gli antichi, i quali sapevano che nell´umido e nel temperato, non nel secco e nel torrido, risiedeva la radice della vita e dell´esistenza dell´uomo. Presso gli antichi la temibile forza distruttiva dell´estate aveva un simbolo ben definito nella costellazione del cane maggiore, la cui comparsa segna l´inizio della stagione estiva.

Il Cane in definitiva rappresenta il pericolo dell´estate dal cui simbolicho morso letale per i campi e per l´uomo bisognava guardarsi con opportuni riti. Questa relazione tra il cane astrale e i riti propiziatori contro l´arsura ed il malessere fisico rimase saldo alche quando si diffuse il cristianesimo, che dovette cercare una mediazione tra il vecchio ordine delle cose e i nuovi orizzonti religiosi, per controllare manifestazioni e credenze popolari inconciliabili con la nuova fede.

In tutta la regione della Magna Grecia la figura del martire Vito ereditó tutto il patrimonio mitologico legato al simbolo del cane, diventando il protettore dell´uomo e dei campi dall´azione funesta della calura estiva, apportatrice di siccitá e di morte, garantendo all´uomo l´abbondanza della messe, proteggendolo dal pericolo della fame e dal malessere legato all´azione funesta del caldo estiva.

Con l'affermazione del Cristianesimo, nell'Italia meridionale, il culto di San Vito sostituí i rituali pagani dell´augurium canarium, sacrifici al dio Robigo e fu quindi un Santo dalla chiara valenza agraria. Nelle piú antiche rappresentazioni pittoriche San Vito tiene al guinzaglio il cane, a simboleggiare il controllo da parte del Santo sul cane celeste apporatatore di calura, di siccitá, di morte.

Le cappelle e le piccole chiese dedicate a San Vito nei nostri paesi sono nella maggior parte situate al di fuori dei centri abitati, vicino i campi coltivati, quasi a loro guardia e custodia. Anche la tradizione folclorica orale conferma che San Vito era invocato per proteggersi dalle carestie e dagli scarsi raccolti. Nei nostri paesi sono frequenti le espressioni "non si passato per Santo Vito" o "hai Santo Vito in corpo" o "non vedere San Vito" espressioni rivolte a chi mangia abbondantemente e che collegano il Santo alla difesa dalle carestie.

La benedizione del pane e di un fascio di fieno in occasione della festa di San Vito é un rito molto diffuso, che si ripete anche da noi. Il fascio di fieno viene distribuito agli animali dell'allevamento, mentre il pane benedetto era riservato ai cani da pastore. Infatti, mentre non era consentito alimentare con il pane alcun animale domestico, solo al cane poteva essere dato del pane come cibo, in virtú proprio dell'antico legame che simbolicamente univa questo animale alle pratiche augurali per un felice raccolto.

LA CAPPELLA DEDICATA A SAN VITO

In un paese come il nostro, dove nel passato la vita stessa della comunitá dipendeva quasi esclusivamente dalla coltivazione della terra e della pastorizia, il culto di San Vito, é stato praticato ininterrottamente attraverso i secoli fino ad oggi. A questo Santo Martire é dedicata una cappella situata al di fuori del centro abitato, attulamente é chiusa al culto. Essa ha dato il nome anche alla locatá, e, molto probabilmente, la sua fondazione risale al XVII secolo.

La facciata é estremamente lineare. Sulla porta d´ingresso é inserito un pannello con l'immagine del Santo, composta da 20 "riggiole" maiolicate. Al centro del pannello é dipinta l´immagine di San Vito sormontata dal simbolo dell´Eterno (occhio inserito nel triangolo), ai lati due scene rappresentanti i suoi miracoli: la caldaia dell´olio bollente e una donna in ginocchio miracolata.

La statua lignea di San Vito, che si venera nella chiesa parrocchiale, é una scultura policroma, di notevole qualitá formale ed esecutiva, databile nella prima metá del XIX secolo. Il Santo é rappresentato giovane, vestito di tunica e toga praetexta (data la sua giovane etá), che porta con la mano destra il libro del Santo Vangelo, la croce e un ramo di pallma simboli del martirio.