Uccisione dei briganti

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(...) le difficoltá per le autoritá prefettizie si moltiplicavano. I briganti erano protetti dalle famiglie abbienti e dalla popolazione, le prime per interessi, quest'ultima per timore di vendette. Per cui le forze dell'ordine rimasero isolate e in genere non godettero della collaborazione né delle autoritá locali né dei galantuomini.
Ouando costoro intervennero con decisione, lo fecero solo per salvaguardare i propri interessi e in genere con metodi discutibili. Sintomatici sono i fatti di Campora del 1867.
II sindaco di questo comune, della potente famiglia dei Feola, piú volte aveva avuto invito dalle autoritá affinché collaborasse alla cattura del brigante Orrico Francesco, originario del luogo: ma invano. II prefetto, venuto poi a sapere che lo stesso sindaco soleva chiudere un occhio sulla presenza di costui e di altri suoi amici in paese, emise il 17 gennaio 1867 un'ordinanza con la quale prescriveva la chiusura dei casolari e delle masserie, proibiva l'uscita di viveri dal paese, il pernottamento in campagna e ai pastori di recarsi in montagna prima dell'alba; inoltre tutti gli animali dovevano essere ammassati nei pressi del paese e di notte la custodia doveva essere affidata alle Guardie Nazionali; infine ordinava che tutte le persone che non fossero di Campora dovevano lasciare il paese.
Orrico e il suo compagno De Maio Ferdinando detto "Astóre", messi alle strette, chiesero al loro protettore il passaporto per l'America e una somma di L. 2000.
II sindaco rifiutò di sottostare al ricatto. II brigante allora minacciò di mettersi alla testa di una banda di dieci individui e di vendicarsi sui cittadini di Campora, come già aveva fatto nell'aprile dell'anno precedente per vendicare la cattura di Angelo Maria Farao, suo capobanda, fatta con l'aiuto dei Camporesi.
Ma la sera del 29 marzo i due furono trovati uccisi con ferita alla testa causata da colpi d'arma da fuoco ravvicinati.

Testo tratto da: Angelo La Greca, Storie di briganti,Acciaroli, CPC, 1988, pp. 18 - 19.